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Il Palazzo venne costruito dai Colonna sulle strutture del portico superiore del santuario della Fortuna Primigenia sul finire dell'XI secolo quando la famiglia si insediò a Palestrina.

L'interno è decorato da pregevoli affreschi del XVI e del XVII secolo. 


L'edificio, sistemato nella sua forma attuale da Taddeo Barberini nel 1640, è sede del Museo Archeologico Nazionale.


Fra le opere esposte, si segnalano il meraviglioso mosaico policromo del Nilo (II a.C.) e il rilievo della serie Grimani (età augustea), oltre a preziosi oggetti di bronzo (ciste, specchi), sculture e testimonianze tardo ellenistiche del culto della Fortuna Primigenia, tutti materiali provenienti dal territorio dell'antica città di Praeneste.

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Il Santuario (fine II a.C.) è un monumentale complesso architettonico dedicato alla dea Fortuna Primigenia, il cui culto nella città di Praeneste fu centrale dall'età repubblicana fino all'epoca imperiale.

 

L'aspetto attuale è il risultato di una geniale ricostruzione operata intorno alla fine del II secolo a.C.


Il grandioso complesso si articola su una serie di terrazze collegate da rampe e scalinate che permettevano ai fedeli, attraverso un percorso ascensionale, di dirigersi verso gli spazi di culto più importanti. Dal primo terrazzamento con le vasche lustrali per la purificazione, si giungeva alla terrazza degli emicicli in cui si conserva il pozzo dove si estraevano le sortes, i responsi oracolari della dea, e poi alla grande piazza cinta da portici, dominata dalla cavea e dal tempio circolare sulla sommità.


Il Santuario fu interamente riportato alla luce dopo lo sgombero delle macerie dovute al bombardamento alleato del 1944.

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Il complesso monumentale, realizzato negli ultimi decenni del II sec. a.C., è costituito da importanti edifici che si affacciavano sul foro della città antica, oggi corrispondente alla piazza principale di Palestrina.


Attualmente del Complesso è possibile ancora ammirare, in parte anche inglobati e visibili nella facciata dell’ex Seminario Vescovile, la Basilica, il Portico, l’Aula Absidata e il Ninfeo dei Pesci.

La Basilica civile era un grande edificio colonnato dove si amministrava la giustizia e si trattavano gli affari; sul suo lato occidentale si trova il Ninfeo dei Pesci (cd. Antro delle Sorti), decorato da un raffinato mosaico policromo raffigurante un paesaggio marino animato da pesci e crostacei, purtroppo lacunoso nella parte centrale, poiché nel secolo scorso l’ambiente fu utilizzato per la cottura della calce.

L’Aula Absidata, una grande sala rettangolare di incerta funzione, era originariamente pavimentata nell'abside di fondo con il famoso mosaico nilotico, oggi visibile al Museo.


Su piazza Regina Margherita si apre l'Erario pubblico, cioè la cassa della città, dove si conservavano i proventi delle tasse; a fianco è inoltre visibile un tratto della pavimentazione originaria del Foro e parte delle strutture di un tempio, dedicato a Giove, risalente alla fine del IV sec. a.C. inglobato nella Cattedrale di S. Agapito.

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Prospicente la piazza principale della città, ingloba notevoli porzioni in opera quadrata di un edificio di età romana sorto nell'area dell'antica piazza del Foro, probabilmente dedicato a Giove Capitolino o Imperatore. 


La Basilica, profondamente restaurata alla fine del 1800, fu dedicata nel 1117 per volontà del Vescovo Conone e del pontefice Pasquale II. 


L'edificio a tre navate internamente conserva il ciclo di affreschi con le storie del martirio di Sant'Agapito, opera di Domenico Bruschi (1889), la cripta medievale sotto l'altare maggiore, la cappella di Sant'Agapito con la decapitazione del santo opera di Carlo Saraceni (primi anni del Seicento) e il Sant'Agapito tra i leoni di Andrea Camassei (prima metà del Seicento). Nella cappella dei Colonna la Crocifissione di Girolamo Siciolante da Sermoneta (1576 ca). Nella navata laterale una copia della Pietà di Palestrina.

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Palestrina nel 1921 rese onore a Giovanni Pierluigi da Palestrina, compositore italiano tra i più grandi autori del Rinascimento che dimostrò già giovanissimo le sue doti artistiche.


L’opera, posta al centro della piazza principale della città, fu realizzata dallo scultore Arnaldo Zocchi, dopo una lunga e travagliata gestazione iniziata fin dal 1894 quando fu celebrato il terzo centenario dalla morte del musicista prenestino.


Il monumento, dopo la sua collocazione il 2 ottobre del 1921 venne restaurato una prima volta nel 1996 ed una seconda volta nel corso del 2017.


L’erezione del monumento fu l’ultimo intervento di riconfigurazione di tutta l’area, iniziato nella seconda metà dell’Ottocento con l’abbattimento dell’isola di case posta al centro e che aveva dato fino a quel momento alla piazza il nome di Piazza Tonda, seguito poi dallo spostamento della quattrocentesca Fontana del Pupazzo, un tempo posta a lato della Cattedrale e oggi nei pressi della porta San Martino, e poi con gli scavi archeologici effettuati sulla piazza nella prima metà del Novecento che hanno riportato alla luce parte del tempio di Giove e l’antico lastricato della piazza del Foro di Praeneste.

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La casa natale del grande compositore Giovanni Pierluigi da Palestrina, articolata su tre livelli, al pianterreno ospita una mostra biografica del compositore, al primo piano un'esposizione delle sue opere e al secondo piano la grande biblioteca del Centro Studi. A lato un piccolo teatro all'aperto.

La costruzione è stata oggetto di restauro da parte del

Ministero dei Beni Culturali, che nel 1994 l'ha concessa come sede e Centro di Studi alla Fondazione Giovanni Pierluigi da Palestrina, istituzione nata nel 1973 con lo scopo di valorizzare la figura e l'opera del maestro prenestino.

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Opera del Cardinale Antonio Barberini che qui vi fondò nel 1669 il Seminario Diocesano.

Nel 2005 viene inaugurato il Museo diocesano prenestino di Arte Sacra. La collezione raccoglie le iscrizioni della Basilica di Quadrelle con le più antiche testimonianze del culto di Sant'Agapito Martire, il meraviglioso altare delle vittorie (l-II d.C.), il tesoro della Basilica Cattedrale, suppellettili e paramenti sacri. Di straordinaria importanza la tela con la Decapitazione di San Gennaro, opera attribuita a Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, e l'Eolo, basso-rilevo attribuito a Michelangelo Buonarroti.

II complesso ospita anche la chiesa di Sant'Egidio, eretta per volontà del Consolato delle Arti Agrarie sui resti di una cisterna di età romana (Il a.C.). Dal 1643 è sede della Confraternita della Sacre Stigmate di San Francesco.

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Fontana del "pupazzo"  cosiddetta per via della statua del bambino abbracciato ad una colonna, simbolo della nobile famiglia Colonna. Precedentemente collocata nella Piazza Tonda (odierna piazza regina Margherita), la fontana opera, forse, degli antichi romani venne restaurata ed aumentata a vantaggio dei cittadini nel 1581 dai principi Colonna.

Nel 1907 degli scavi intorno alla fontana riportarono in luce la scalea della basilica romana che ancor oggi si può vedere a fianco della Cattedrale.

L'anno seguente il Consiglio Comunale decise di spostarla nella caratteristica piazzetta di S. Martino dove ancora oggi è collocata.

Per approfondire

Caratterizzata da un fornice a tutto sesto sormontato dallo stemma coronato dei Barberini privo delle api araldiche asportate durante l'occupazione francese.


La porta è conclusa da una pesante merlatura ed è serrata tra un torrione circolare e la chiesa di Sant'Egidio.


Ai lati della porte si possono notare le feritoie a toppa con entrata circolare nella parte inferiore.

È situata nei pressi delle mura della città di Palestrina, fuori della Porta di S. Martino.

Non si conosce la data precisa della sua costruzione, si sa però che il 19 settembre 1569, per concessione del vescovo e dopo rinuncia dei due sacerdoti che ne avevano il governo, si stabilirono a Palestrina i Francescani del terz’Ordine.

La chiesa diventò sede parrocchiale il 10 agosto 1942.

Dopo la seconda guerra mondiale (1954-57), le fu costruito accanto un grande edificio con il fine di farne un collegio.

Durante gli anni 1953/59 la facciata fu rivestita con lastre di travertino; l’interno è ricco di marmi pregiati e di pitture del Prof. Aronne del Vecchio, eccetto l’immagine di santa Lucia dipinta nella volta e la grande tela che sovrasta l’altare maggiore.

La chiesa ai nostri giorni è a una sola navata, ha sei cappelle, il battistero, la cantoria e la sagrestia.

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Lungo via degli Arcioni si sviluppa un fronte monumentale scenografico, costituito da una serie di grande ambienti coperti da imponenti volte a botte, che sostengono il tracciato della strada antica che corre al di sopra. 


Spicca il cosiddetto Propileo (fine lI a.C.), una grande fontana (ninfeo) animata da giochi d'acqua, che fiancheggiava una scalinata monumentale di accesso all'area urbana più antica.


Dalla parte opposta, verso valle, si estende l'area archeologica della cosiddetta Città Bassa con una bellissima domus ornata da mosaici e pitture parietali, il cosiddetto Macellum (IV d.C.) e altre strutture, fra cui il basolato di una strada di un importante asse viario.

Monumentale ingresso meridionale alla città di Palestrina, fu edificata dal Principe Taddeo Barberini nel 1642 su progetto dell'architetto Francesco Contini.

L'architettura celebra l'ingresso trionfale dei Barberini in città poco tempo dopo il loro acquisto del feudo dai Colonna (1630). 

La porta è collocata in prossimità di un importante accesso antico all'area urbana che si apriva nelle mura poligonali, delle quali sono visibili imponenti resti. 

Venne costruita inglobando l'accesso medievale di Porta San Giacomo. Il fornice d'accesso è sormontato dal grande sole, caro al pontefice Urbano VIII, e dallo scudo coronato privo delle armi della famiglia, abraso in età napoleonica. Il fornice è inquadrato da due coppie di colonne con capitelli tuscanici poggianti su un piedistallo in travertino e fiancheggiato da feritoie con toppa circolare.

Situato su Viale della Vittoria, nel centro di Palestrina, il Monumento ai Caduti è un’importante opera dedicata alla commemorazione dei caduti di tutte le guerre.


Il maestoso monumento affaccia su uno dei paesaggi più pittoreschi dell'intera cittadina, un parco pubblico, un tempo orto del convento di Santa Maria degli Angeli, poi giardino cittadino.

A pochi passi del monumento  oggi troviamo il parco giochi dedicato ad Angela Maria Cingolani, sindaco della città di Palestrina dal 1954 al 1965 e artefice della ricostruzione della città dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.

Sorge all'esterno del circuito delle mura poligonali. 


La struttura attuale risale all'XI-XII secolo. Ad aula unica con volta a crociera, è decorata da un ciclo di affreschi della prima metà del Quattrocento. 


Al centro della volta il Cristo Pantocratore circondato dai simboli degli evangelisti, sulle pareti scene di santi. 


II bellissimo portale è realizzato con frammenti marmorei di epoca romana con tracce di un'iscrizione di età medievale.

La chiesa di Sant'Antonio abate e l'annesso ex convento dei Padri Carmelitani si affacciano sul quartiere del Borgo. 

La chiesa nelle sue forme attuali fu edificata da Padre Sebastiano Fantoni nel 1620 su progetto dell'architetto Orazio Turriani, in sostituzione dell'edificio tardo quattrocentesco.

All'interno della chiesa, incastonata in uno splendido presbiterio in marmi policromi, è conservata la pala d'altare rappresentante la Beata Vergine del Carmelo, del 1570, unica testimonianza dell'antica chiesa.

Nel convento sono conservate tele di scuola caravaggesca di artisti napoletani, come la copia del Seppellimento di Santa Lucia, e opere di scultura lignea di influsso spagnolo, tra cui l'Ecce Homo e la Madonna dei sette dolori.

 Nel bel giardino seicentesco vi sono mosaici di età tardorepubblicana (I a.C.).

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Il convento e la chiesa furono costruiti alla fine del XV secolo per ospitare i francescani stabilitisi a Palestrina dal 1420.

Nel corso del Seicento Urbano VIII commissionò lavori di ampliamento e restauro del complesso, tra cui la realizzazione del ciclo di affreschi con le storie della vita di San Francesco nel chiostro del convento.

La chiesa ad aula unica con soffitto ligneo a cassettoni e tre cappelle sul lato destro conserva sull'altare maggiore il polittico di Andrea Sabatini della prima metà del Cinquecento, rappresentante la Vergine con il Bambino tra San Francesco e Sant'Agapito.

La chiesa della SS.ma Annunziata è posta sul lato ovest della città di Palestrina, quasi alla sommità dell’abitato, nel quartiere detto degli “Scacciati”. 

Come parrocchia è la seconda della città in ordine cronologico, eretta nel 1622.

Non si sa esattamente quando sia stata edificata la primitiva costruzione di modeste dimensioni, ma, senza dubbio, nel periodo immediatamente successivo alla distruzione di Palestrina del 1437. 

La chiesa fu rasa al suolo a seguito dei bombardamenti della II Guerra Mondiale. Con il contributo del Genio Civile fu nuovamente ricostruita nell’immediato dopo guerra (1949-50) su progetto dell’arch. Vincenzo Fasolo, e consacrata il 24 settembre 1950 dal Card. Aloisi Masella. 

Ha una navata ariosa e di notevoli dimensioni con presbiterio rialzato, una piccola cappella laterale, sagrestia e campanile.

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Cappella privata della famiglia Barberini fu edificata all'interno del Palazzo Baronale su progetto dell'architetto Francesco

Contini.


Consacrata nel 1660 fu completata all'inizio del 1700 con la magnifica decorazione scultorea dei monumenti funebri, opera di Bernardino Cametti, allievo di Gian Lorenzo Bernini. 


La pala d'altare, Santa Rosalia tra gli appestati, dipinta da Francesco Reali alla fine del 1600, è una copia della tela di Carlo Maratta. Nella Sala dei Depositi, che ospita diverse sepolture della famiglia, fino al 1938 era allestito il gruppo scultoreo della Pietà di Palestrina, attribuito a

Michelangelo Buonarroti.

Aperta nel 1593 dal Principe Francesco Colonna in sostituzione del più antico ingresso di Porta San Cesareo, dopo che fu resa carrabile la strada che univa via degli Arcioni al Palazzo Baronale, attraverso il tracciato esterno alle mura cosiddetto delle tre salite. 


La nuova strada perforò le mura e si rese così necessario aprire un nuovo ingresso.


Porta Santa Croce è caratterizzata da un fornice a tutto sesto sormontato da un iscrizione commemorativa di Francesco Colonna.

Porta San Cesareo è un antico quartiere di Palestrina, dove è possibile visionare le rovine dell'omonima Porta di ingresso da oriente alla città di Palestrina, abbandonata verso il 1600.


È il quartiere più a monte della città di Palestrina, ed occupa lo spazio fra la sommità del Tempio e l'antica Rocca di Castel San Pietro.


Probabilmente fu il primo luogo ad essere occupato dagli abitanti di Preneste quando, lasciata la parte bassa della città a causa delle scorrerie dei barbari, si rifugiarono nella parte più alta e fortificata di questa subito a ridosso dell'antico Tempio pagano del quale solo più tardi ne occuparono le aree sacre.


Prende il nome della Chiesa di San Cesareo diacono e martire, costruita presso la porta della città, che ospitava la sede della più potente delle corporazioni cittadine, la Nobil Arte dell'Agricoltura.


Il Petrini dice che nel 1593 venne aperta la Porta di Santa Croce "e contemporaneamente chiusa quella alquanto superiore denominata di S. Cesareo, perchè avea sul dorso una chiesa dedicata al Santo; la quale è fama che servì da parrocchiale ai primi abitanti ivi presso esistenti; ma presentemente è profanata". 


La chiesa edificata nel 1448 da Stefano Colonna junior iniziò il suo decadimento fin dal 1660, allorquando il card. Bernardino Spada le tolse tutti i frutti del Beneficio per passarli al Seminario. 


La chiesa venne abbandonata e venne adibita a stalla e a fienile. 

Si tratta del Casino Barberini, più comunemente noto come il Triangolo: è proprio questa la forma particolare che lo contraddistingue, una planimetria inconsueta che ha dato adito a non poche leggende e dicerie ad esso legate. Opera dell’architetto Francesco Romano Contini, già progettista di diversi edifici appartenuti alla nobile famiglia, risale alla metà del 1600 (non si ha una data certa a causa dello smarrimento dei documenti catastali durante la Seconda Guerra Mondiale).

 

Come suggerisce il nome, l’edificio ha pianta triangolare: un triangolo equilatero, di 20 metri di lato, per tre livelli di altezza più un piano interrato. Ancora più peculiarmente, ogni livello ospita al centro un ambiente esagonale, che divide lo spazio in tre triangoli più piccoli. Sulla sommità, si erge una torretta esagonale che ‘fuoriesce’ dall’ultimo livello creando tre terrazze angolari. Insomma, il palazzo è un trionfo della geometria, e del calcolo matematico. A decorarlo e ‘custodirlo’, statue di guardiani, cariatidi, figure inquietanti mezzi uomini e mezzi esseri mitologici. 

 

Purtroppo quasi tutto l’arredamento interno non è più presente, e i numerosi affreschi e stucchi giacciono in un terribile stato di conservazione, ma è certamente l’impianto volumetrico ad attirare maggiormente l’attenzione. E la morbosa curiosità di tutti coloro che, nei secoli, hanno alimentato leggende e superstizioni relative ad un palazzo tanto strano. La ripetizione del numero 3 e del triangolo evocano un passato esoterico. C’è chi giura di aver percepito, o addirittura visto, delle presenze strane, fantasmi o inquietanti frequentatori... Certamente l’architetto ha voluto stupire, e probabilmente giocare con il simbolismo applicandolo ad un contesto bucolico piuttosto isolato, e quindi ancora più inquietante e misterioso.